IL SADISMO

Il termine “sadismo” eredita la sua origine da Donatien Alphonse François de Sade, meglio conosciuto come Marchese de Sade, un aristocratico che a cavallo fra settecento e ottocento fu autore di svariati testi erotici e saggi in cui si dava lustro alla figura del torturatore, alla sua morale e filosofia di vita. Nei libri dell’autore le azioni sadiche venivano innalzate a gesta di alto valore scientifico (anche in una ottica di sperimentazione speculativo-razionale); nella trattazione veniva celebrata ogni sorta di esperienza volta ad infliggere sofferenza, rifiutando le limitazioni poste dalla legge e individuando come unico obiettivo il perseguimento e l’accrescimento del proprio piacere erotico (E. Balsemao Pires 2008).

“Sadismo” nel DSM IV configura tutte le condotte in cui un soggetto ricava eccitazione sessuale e piacere dalla sofferenza non solo fisica ma anche psicologica della vittima. I comportamenti sadici possono includere svariate pratiche di manipolazione della libertà e del confine psicofisico della vittima. Così come non c’è limite alla fantasia non c’è neppure limite nell’immaginare azioni volte a strutturare forme di sofferenza a maggiore livello di complessità: più comuni sono l’imprigionamento, la fustigazione, le percosse, le tortura fisica ma soprattutto psicologica. La persona sadica può giungere anche fino anche all’uccisione della vittima. L’apice del piacere per il sadico tuttavia non deriva tanto dal contemplare la sofferenza quanto dalla certezza dell’innocenza della vittima stessa. Il sadico si erge a giudice in grado di imporre la sua volontà all’altro sotto forma di “pena soggettivamente giusta”. Ben più che le grida di sofferenza della vittima al sadico interessano le sue proteste di innocenza, le implorazioni di perdono (Clavreul 1976), le rimostranze, i tentativi vani nel convincerlo a desistere, a cessare la tortura o a non portare a compimento le paventate azioni violente. Tutto quello a cui la vittima si aggrappa viene strappato e rigettato in un meccanismo che contempla l’empatia solo come minaccia, unica forma di annichilimento dell’eccitazione. In molti sadici si ritrova una forma di distacco emotivo dalla vittima che ha il fine di accrescere il dislivello fra i due; la vittima, rendendosi conto della sua impotenza determina una eccitazione ulteriore da parte del sadico e un rinforzo della sua percezione di controllo.

Il sadico, soprattutto quando si tratta di sadismo estremo, si può collocare al di fuori della legge del SSC (sano sicuro e consensuale, tipica delle relazioni BDSM). Le sue azioni possono spingersi fino a rinunciare al consenso della vittima o addirittura, nei casi di sadismo patologico, fino a oltrepassare i limiti della legalità rendendosi responsabile di atti lesivi dell’integrità psicofisica o addirittura della vita di colui o colei sul quale agisce. Il sadico non infrange la legge così come la infrange un ladro, ad esempio per riuscire a campare: il torturatore gode perché interpreta sadicamente la legge (S. Benvenuto 2006).

L’età di esordio della attività sadiche sembra essere variabile, tuttavia si possono avere le prime avvisaglie di questa perversione già in alcune manifestazioni pre-adolescenziali sotto forma di fantasie o di atti di sadismo nei confronti di oggetti, piante, animali. In alcuni casi sono state documentate delle mutilazioni su bambole che, pur non essendo imputabili come crimini, possono rappresentare la prima indicazione di fantasia violenta. Inoltre la gravità degli atti sadici ha un incremento nel tempo proporzionale al livello di crescita del soggetto, al suo sentirsi potente e in grado di modulare la realtà che lo circonda. Il comportamento sadico acquisisce criterio di cronicità con la maggiore età del soggetto (Campus MA. 2012).

Mentre tutte le forme di sadismo (in quanto parafilia) generano una forma di eccitazione sessuale che il soggetto manifesta nei confronto dell’oggetto, non tutte le forme di sadismo si esprimono attraverso atti sessuali: il sadico non-sessuale trae piacere dalla sofferenza e dal disagio che crea agli altri solitamente in ambito sociale o di lavoro, e più spesso manifestando un comportamento aggressivo con subordinati o con persone che ritiene inferiori a lui (R. Hazelwood, S.G. Michaud, 2009). Il termine sadismo sessuale indica invece il bisogno di veder soffrire il proprio partner (o colui che è ritenuto tale) per dolore fisico e per umiliazioni prima, durante e dopo il rapporto sessuale (C. Simonelli, F. Petrucci, V. Vizzari 2000).

In uno studio su 30 sadici sessuali emerse un identikit sorprendente: 17 soggetti non avevano mai subito arresti prima di commettere i crimini per cui erano stati condannati (questo non significa tuttavia che non commisero crimini, solamente che non furono arrestati per questi), 12 erano dei guidatori compulsivi (un comportamento che si osserva spesso in comorbidità con altri quadri psicopatologici soprattutto legati a violenze sessuali), 9 uomini su 30 erano dei falsi poliziotti o collezionavano divise e stemmi di qualche forza dell’ordine e guidavano veicoli che somigliavano ad autopattuglie (in questo dato si può leggere il bisogno che queste persone hanno di “essere la legge” o di vestire i panni di chi definisce le regole del gioco). 13 del gruppo erano sposati e 15 avevano figli con cui, più della metà, manteneva rapporti incestuosi (R. Hazelwood, S.G. Michaud, 2009). Nello studio è emerso anche che la personalità dei soggetti sadici sessuali aveva una prevalenza di tratti paranoidi; il sadico sessuale sarebbe profondamente un soggetto preoccupato e ossessionato dalla paura di fare degli errori, di essere punito da parte dell’autorità, è una persona turbata anche dalla legalità delle azioni compiute da altri, egli interpreta significati nascosti in osservazioni o fatti apparentemente privi di importanza. Il sadico sessuale non ha accessi di rabbia o modalità isteriche di confronto con l’altro, è olimpicamente sereno di fronte al destino della sua vittima (S. Benvenuto 2006).

Da un punto di vista psicodinamico, l’impulso sessuale primitivo che si esprime nella sua forma più estrema nel sadismo sessuale avrebbe la funzione di neutralizzare l’istinto di morte che il soggetto ha a sua volta introiettato sotto forma di relazione con il genitore sadico. Per portare fuori da sé la colpa per il possesso delle parti malvagie di sé, egli proietterebbe l’aggressività verso l’esterno, realizzandola così attraverso la distruzione altrui e attenuandola, poi, come forma di possesso e di potenza sull’altro. Il sadico sessuale sviluppa una perversione nell’incapacità di strutturare una vera relazione. L’azione di sadismo sessuale si esprime quindi attraverso atti in cui si palesa l’imposizione sessuale sulla vittima, non stupisce che il 73% dei sadici sessuali preferisce, fra le varie tipologie di violenza, quella anale (R. Hazelwood, S.G. Michaud 2009), questo dato rende conto del carattere impositivo, soverchiante e annichilente che il sadico sessuale esercita nei confronti della vittima.

Centrale nel sadismo sessuale è il tema cannibalico: metaforicamente, nella violenza del morso verso la vittima, il soggetto esprime tutta la sua aggressività orale, trattenuta e limitata dal controllo oppressivo del genitore. Lo stupro, pur configurandosi in apparenza come un atto di violenza sessuale, costituisce essenzialmente una espressione di rabbia che scaturisce da un intollerabile sentimento d’inefficienza e di mancanza di potere sull’altro. Nella storia di Dracula il morso trasforma la vittima a sua volta in carnefice, le dona la vita eterna e la rende schiava della sete di sangue. Il sadico sessuale attraverso l’oralità e il possesso distrugge il confine morale e di esistenza della vittima, la rende succube del bisogno di esser governata: spesso nel passato delle donne che rimangono vittima di sadici sessuali si ritrovano esperienze di abusi, controllo e limitazione esercitate da parte di uomini violenti (C. McGuire 1993).

 

Bibliografia
Balsemao Pires E. (2008), Sade’s delectatio morosa and the erotic sovereignty. Revista Filosófica de Coimbra n. 34. University of Coimbra Print
Benvenuto S. (2005) Perversioni. Sessualità, etica e psicoanalisi. Bollati Boringhieri
Campus M.A. (2012) L’innocenza feroce del serial killer. Terresommerse
Clavreul J., Aulagnier P., Perrier F., Rosolato G., Valabrega JP. (1967) Le Désir et la Perversion, Fleure Noir
Hazelwood R., Michaud S.G. (2009) Ossessioni Criminali, Mediterranee
McGuire C., Norton C. (1993) La vittima perfetta. Armenia
Simonelli C., Petruccelli F., Vizzari V. (A cura di) (2000) Le perversioni sessuali. Franco Angeli

 

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